Lux et Umbra attualmente organizza giochi di ruolo dal vivo di tipo nordic per piccoli gruppi. Nasce nel mondo del GRV fantasy per crescere verso ambientazioni più varie e affascinanti. Non usa nessun regolamento particolare. Punto di forza sono le trame delle storie, complesse e articote. Su youtube potete trovare i video delle ultime avventure giocate. In questo sito gli album fotografici. Per partecipare alle nostre avventure, è sufficiente contattarci tramite email o tramite Facebook.

Il gioco di ruolo dal vivo con i suoi contorni, rimane un hobby dalla mille possibilità, dedicare un sito alle indimenticabili avventure svolte nel corso degli anni, era il minimo che si potesse fare.

Fondamentalmente questo sito racchiude le foto e i video di tanti anni di avventure scritte e giocate. Le foto più vecchie sono del 2000. C’è anche poi qualche noiosissimo articolo :-).

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PROSSIMA AVVENTURA:

11 SETTEMBRE 2016

IL DIAMANTE SPLENDENTE

LOCANDINA GRV

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Trovare una definizione che spieghi con poche parole cosa sia un gioco di ruolo dal vivo è sempre stata impresa ardua. D’altra parte spiegarlo con molte parole finisce col non far capire nulla. Purtroppo però, nel corso degli anni mi sono ritrovato a spiegare a parenti, amici e conoscenti, il perché me ne andassi per boschi vestito con un mantello con cappuccio e una spada.
La spiegazione più breve e sintetica era questa: “il gioco di ruolo dal vivo è come il guardia e ladri che facevamo da piccoli ma più complesso”. Spiegazione che non spiega nulla ma che magari incuriosisce.
La spiegazione più intellettuale era invece questa: “il gioco di ruolo dal vivo è una sorta di teatro interattivo, dove reciti una parte senza un copione scritto”. Questa spiegazione decisamente più giusta della precedente, nasconde però al suo interno i concetti di “interazione” e “copione” che potrebbero non significare nulla alle orecchie di chi parte da zero. A questo punto partivo a ruota:” immagina di essere il protagonista di un film.. sai chi sei, sai cosa hai fatto, sai cosa vuoi, ma non conosci il tuo futuro”. Dopo quindi ore e ore di chiacchiere, convinto di aver spiegato nei minimi dettagli il fascino e il piacere di un GRV, non di rado ricevevo la domanda: “ma quindi.. chi è che vince?”. Le braccia si staccavano dal corpo. Nel GRV non si vince niente, non ci sono punti né classifiche. L’interlocutore sembrava deluso. La domanda seguente era però quella ancora più devastante: “Ma allora che giocate a fare?”. Stringendo i denti, neanche se dovessi vendere un contratto da un milione di euro vado avanti, rispondo balbettando: “E’ per.. insomma.. ti diverti no? Non ti piacerebbe essere qualcun altro per un giorno? non ti piace recitare? scoprire cose? Esplorare? Aprire un cassetto e trovarci dentro l’indizio definitivo che collegato ad altri indizi costruisce un quadro completo che ti permette di accusare il maggiordomo di omicidio?”
Personalmente e come molti della mia generazione, mi sono avvicinato al GRV partendo dal gioco di ruolo da tavolo. Un giorno un amico quando frequentavo il secondo superiore, mi disse che c’erano delle persone (ci tenne a specificare che erano grandi) che facevano quello che noi facevamo da tavolo, però lo facevano dal vivo. Il mio amico Alessio impiegò diverse ore a spiegarmi il tutto, ma io non capii molto. Proprio non riuscivo a capire in che modo potessero trasportare un mondo che si costruiva e si manifestava con delle parole, al di fuori di un tavolo. Però la cosa mi affascinava, e molto anche. L’entusiasmo era alto.
Il GRV (Gioco di Ruolo dal Vivo) che si faceva negli anni ’90 era però diverso da quello che si fa oggi. Al principio c’era un tentativo di ricreare quello che accadeva intorno ad un tavolo, per questo motivo ad esempio, alcuni regolamenti erano molto lunghi, centinaia di pagine. Il mio amico Marco Castori scrisse un regolamento di circa 500 pagine, escludendo il bestiario (bestiario=libro con l’elenco dei mostri). Immaginate un pò! Una mole di dati impressionante: razze, classi, abilità, incantesimi, armi, armature, insomma, tutto quello che si trovava nei manuali di GdR (Gioco di Ruolo). Non funzionava granché, anche se nel complesso ci si divertiva. Si discuteva molto! Il gioco veniva fermato spesso, ad esempio per capire gli effetti di un incantesimo o il funzionamento di una abilità speciale. Alcuni giocatori erano soliti cercare dei bug (difetti,errori) nel regolamento. Celebre era il salta col mortal (un abilità speciale per uccidere l’avversario con un solo colpo), con cui un giocatore poteva sterminare dozzine di altri giocatori in pochi secondi, senza che ci fosse gioco, cosa per niente costruttiva e positiva ai fini del gioco stesso e del divertimento dei partecipanti. Inoltre le avventure erano estremamente lineari. Significa che o facevi così o non è che avessi tanta libertà di azione. Si camminava lungo dei percorsi più o meno obbligati, si facevano degli incontri, e alla fine forse si arrivava “al premio finale”, si concludeva insomma la propria missione con il raggiungimento di uno scopo prefisso. Più che altro comunque si combatteva. Si assegnavano punti esperienza finali (qualità che vanno ad arricchire, rinforzare il tuo personaggio e che puoi acquisire sempre di più man mano che giochi). I personaggi avevano infatti vari livelli, chi più giocava, più aveva un livello alto e così via. Il problema era la simulabilità delle azioni che spesso venivano semplicemente descritte con le parole, bloccando così il gioco stesso a discapito della sua fluidità e del divertimento dei giocatori. Inoltre, non si stava troppo a pensare a come rappresentare un orco o un drago o un castello, ci si arrangiava senza farsi troppi problemi. Non si badava quindi molto al costume o all’interpretazione, era più un gioco a punti. Non durò molto. Un po’ alla volta tutti i gruppi di gioco sparsi in Italia, iniziarono a modificare i regolamenti, migliorare i costumi e a dare importanza al role playing (l’interpretazione del personaggio). Da quel punto in poi, le cose migliorarono molto. Nacquero svariate nuove ambientazioni. In molti sperimentavano, si fantasticava ad esempio sul fare uno Star Trek o un X-Files dal vivo, insomma la nuova modalità di gioco andò a benificio della libertà espressiva, dell’immedesimazione, del divertimento di tutti i partecipanti.
Personalmente feci dei cluedo (avventure con lo sfondo giallo, in cui si deve insomma trovare l’assassino) dal vivo. Avventure di due giorni in una villa. C’era molto roleplaying, un po’ di ambientazione e poca trama.
Arriviamo quindi a quelli che sono i quattro punti centrali di un GRV.

  1. L’ambiente di gioco
  2. L’interpretazione del personaggio
  3. L’avventura
  4. L’organizzazione

Il GRV fantasy, quello con cappa e spada, è relativamente facile da rappresentare in quanto può essere giocato in boschi e parchi pubblici. Anche un gioco di ruolo investigativo con ambientazione moderna non ha particolari necessità, basta una villa con un po’ di stanze. I problemi nascono quando le ambizioni aumentano. Fondamentalmente tutto è risolvibile pagando. Il GRV fantasy può essere fatto in un bosco ma anche in un castello. Per il bosco non ci sono problemi, salvo che per grandi numeri, organizzarlo non richiede molto. D’altra parte se un migliaio di persone (come per l’evento di Vilegis) si presentassero alla pineta di Castel Fusano, qualcuno potrebbe “non essere d’accordo” e bloccare l’evento. Servono autorizzazioni. Oltretutto non si può occupare un’area pubblica e costruirci sopra delle strutture come tende e palizzate. Affittare un castello è sempre stato il sogno di molti giocatori. Qualcuno è riuscito a giocarci. Inutile dire che le opzioni sono varie, ma tutte riconducibili a movimenti di denaro più o meno consistenti. Tutto si può fare, basta pagare. la ricerca della location è un lavoro vero e proprio. C’è chi come me in base a quello che aveva a disposizione costruiva una storia. Le città morte ad esempio sono ottimi luoghi dove sbizzarrirsi e dar sfogo alla creatività. Possono essere adatte sia al mondo medieval fantasy, sia ad ambientazioni moderne o futuristiche. Dei ruderi possono fare da sfondo a storie di elfi, maghi e guerrieri, ma anche ad un’ambientazione post atomica. Le idee possono venire semplicemente guardandosi attorno, esempio: un gruppo di archeologi scopre una antica città Maya, un gruppo di amici viene teletrasportato in un piano parallelo alla realtà. Fabbriche abbandonate, capannoni, luna park abbandonati, ogni cosa può diventare uno sfondo per sbizzarrirsi con la fantasia. Rimane poi da risolvere l’aspetto legale. Non tutti i luoghi sono accessibili senza autorizzazioni.
Il discorso ambiente di gioco non riguarda solo la location, ma anche costumi e oggettistica che tutti cooperano a costruire una realtà diversa. Nella prima avventura che creai, ero munito di un maglione grigio che doveva simulare qualsiasi cosa. Come accennato in precedenza, non si dava troppo peso al costume. Oggi i giocatori più attivi lavorano molto sul cosplay, in alcuni ambienti c’è quasi una gara a chi ha il costume migliore, più spettacolare, realistico, coinvolgente. A volte l’organizzatore premia in qualche modo i costumi migliori. Un costume può essere acquistato o costruito. Prima di scrivere un’avventura con ambientazione moderna facevamo un salto dal famoso grande magazzino di Roma “MAS”, un grosso negozio di abbigliamento usato e non, molto fornito per quanto riguarda gli abiti da lavoro e le divise militari usate. Da MAS trovavo cose molto particolari, da li prendevo spesso ispirazione per creare i futuri personaggi. Il contrario di come si potrebbe pensare quindi. A volte è sufficiente un piccolo accessorio per far diventare un costume valido. Un cappello, una cintura, uno zaino, degli occhiali, un mantello, un foulard, in alcuni casi non serve spendere una montagna di soldi e ore di ricerche per vestirsi adeguatamente, è sufficiente qualche piccolo accorgimento. In alcuni casi, soprattutto nelle ambientazioni contemporanee, non serve vestirsi in modo particolare; se ad esempio il vostro personaggio è un impiegato di banca, basta una giacca e una cravatta! Alcuni personaggi come potrebbe essere un pittore, un atleta, un giocatore di poker, non adottano un abbigliamento specifico, come potrebbe essere per un militare o una rock star, possono tranquillamente essere vestiti come tutti i giorni. Tuttavia, quando possibile, conviene dare dei caratteri estetici particolari al proprio personaggio, semplicemente perchè fa parte anche quello del divertimento. Il pittore potrebbe essere eccentrico e indossare una giacca fluorescente, il miliardario un cappello strano e stivali da cow boy, lo scenziato geniale potrebbe andare in giro scalzo inventandosi una qualche strana filosofia, il giocatore di poker potrebbe portare con sè un oggetto scaramantico di cui è gelosissimo e da cui non si separa mai. Libero spazio alla fantasia, tranne che per l’impiegato di banca, in questo caso forse è meglio non esagerare.
Per quanto riguarda l’oggettistica le cose sono ancora più divertenti e rappresentano una sfida per gli organizzatori. Quando camminavo in un bosco, vedevo solo alberi, cespugli, e poi ancora alberi, cespugli, foglie. Imbattermi in un altare di polistirolo era davvero qualcosa di bello ed emozionante. Costruire le scenografie è una cosa che richiede molto tempo e soprattutto spazio. Il polistirolo espanso si lavora facilmente, ma tenerlo dentro casa non è proprio il massimo. Qualsiasi cosa riusciamo a mettere all’interno della nostra area di gioco, servirà ad arricchire e migliorare l’avventura. Uno dei motivi per cui ho sempre preferito il GRV con ambientazione contemporanea, è proprio quello del discorso oggettistica. Se organizziamo un GRV investigativo in una grande villa piena di stanze, armadi, cassetti da aprire, il capanno degli attrezzi, il giardino, il locale caldaia, non dobbiamo metterci a lavorare il polistirolo espanso, è già tutto li pronto per essere utilizzato. L’area di gioco è in questo caso più facile da allestire e fornisce da sé spunti per intrecci e misteri. Provate ad esempio a lasciare una camera chiusa a chiave, nascondete la chiave, lasciate degli indizi per trovare la chiave, ecco un ottimo elemento  per la vostra avventura bello e pronto, con semplicità. Il discorso riguarda tutti gli oggetti di uso quotidiano. Spesso uso lasciare il diario della vittima, o un notebook protetto da password, delle vecchie foto di qualche personaggio, foto che nascondono dei segreti da scovare ecc. Mettere più oggetti in gioco arricchirà l’avventura, la farà diventare un vero film interattivo. Nel fantasy questo discorso è un pò diverso. Potete mettere certamente molti oggetti, come vecchie pergamene (si fanno bagnando la carta nel caffè diluito), scrigni, grimori, pietre preziose, pugnali sacri, sfere magiche, erbe medicinali, ampolle e boccette… ma la preparazione dell’area di gioco e l’ideazione di come far trovare questi oggetti in un’area naturalmente più dispersiva renderà il tutto più complicato e a volte di effetto minore.
L’interpretazione del personaggio è il secondo punto che ritengo essere essenziale in un GRV. Ogni giocatore interpreta un personaggio, è una frase ricorrente, ma che significa esattamente interpretare? Interpretare significa renderlo vivo. Nel cinema esiste l’oscar per la migliore interpretazione, un giocatore di ruolo dal vivo non deve ambire all’oscar, deve limitarsi a rendere convincente il suo personaggio, entrarci dentro. Nel GRV fantasy, quando i gruppi di gioco maturarono, iniziò anche un dibattito sull’aspetto del giocatore in rapporto al personaggio da interpretare. Dovrebbe esserci una certa correlazione. Insomma, una persona piuttosto corputa e brevilinea sarebbe meglio che non facesse l’elfo, ma piuttosto un nano. Per alcuni potrà sembrare forse offensivo, ma non è così, non vi è nessun giudizio, ognuno va bene com’è ma, come per gli attori, la propria fisionomia calza meglio in determinati ruoli piuttosto che in altri, quindi si tratta solo di buon senso nel tener conto di questo fattore, ai fini di una migliore riuscita dell’avventura di gioco. Bisogna pur far riferimento all’immaginario collettivo insomma! Gli orchi sono grossi e verdi; gli elfi longilinei ed eterei,  dall’aspetto nobile ed elegante; i nani piuttosto tarchiati e magari barbuti e così via. Per quanto ci si possa impegnare, se non c’è una corrispondenza fisica, non si ha cioè le fisic du role,  per quanto si interpreti bene il personaggio, ci sarà qualcosa che “non quadra”. Ovviamente oltre che nell’aspetto, anche nell’attegiamento ci dev’essere una corrispondenza con l’immaginario collettivo. Il militare sarà duro e concreto, magari di poche parole, un mago potrebbe essere misterioso, un ladro con un ghigno furbetto e le “mani svelte”, il cavaliere impavido e nobile, l’hacker asociale e ribelle, il nostro impiegato di banca.. beh, fate voi. Tendenzialmente si possono usare gli stereotipi per andare sul sicuro, ma se si sa fare, in alcuni casi si può tentare di uscire fuori dagli stereotipi;  nulla toglie ad un hacker insomma di essere estroverso e spiritoso. Diciamo che alcuni ruoli hanno molta flessibilità interpretativa, altri meno, altri ancora non ne hanno proprio. Non c’è una regola. Un po’ come per i costumi, se un mago andasse in giro con una cotta di maglia e lo spadone a due mani, storceremmo il naso, per quanto, non c’è un motivo oggettivo per impedirlo, salvo regolamenti. Quando un master scrive un personaggio può decidere anche il profilo psicologico o il carattere. Non sempre però i giocatori riescono a realizzare quanto scritto sulla loro scheda. Il problema è che può crearsi un conflitto con l’evolversi dell’avventura. Se sulla vostra scheda il master ha scritto: “Sei scontroso, ostile a tutti coloro che ti circondano, non ti fidi di nessuno”, per poi continuare dicendo: “Sei vittima di una maledizione, cerchi un mago che sappia togliertela” è chiaro che c’è un conflitto, come fai a lasciarti aiutare se non ti fidi di nessuno! Altre volte ancora, pur non essendoci un conflitto, il giocatore non riesce e non vuole interpretare quanto scritto, semplicemente non lo diverte o lo trova troppo complicato. Ricordo che anni addietro scrissi un personaggio affetto da sindrome di Down, credo che Fabiomassimo l’amico a cui ho assegnato tale personaggio, mi odi ancora per questo. Per due giorni dovette interpretare un ruolo che sulla carta ha il suo fascino, ma dal vivo può diventare stressante, troppo difficile da portare avanti alle lunghe. Attenzione quindi a cosa scrivere, c’è differenza tra teoria e pratica. Un’altra difficoltà può verificarsi se il giocatore estremizza una caratteristica del personaggio tanto da auto escludersi dal gioco. Prendiamo l’esempio di un personaggio patologicamente spaventato da batteri, virus, sporcizia, contagio, dal contatto fisico con gli altri quindi. Ovvio però che se il giocatore, per questo problema del personaggio, sta tutto il tempo a svariati metri di distanza dagli altri, non comunica con nessuno, non scambia oggetti, informazioni e passa il tempo di gioco a evitare qualsiasi tipo di interazione, questo giocatore semplicemente si auto esclude dal gioco stesso e non sarà per lui un’esperienza appagante. Dovrà in questo caso trovare il giusto compromesso che gli permetta di interagire con gli altri. Ad esempio, avere atteggiamenti di disgusto se qualcuno tossisce, pulirsi compulsivamente con fazzoletti e strani liquidi disinfettanti se chiunque lo sfiora, pulire morbosamente gli oggetti che gli passano gli altri, mettersi un fazzoletto davanti alle vie aeree se qualcuno gli si avvicina per parlargli, ma comunque parlare, scambiare, complottare, allearsi con gli altri, perchè tutto questo è gioco!
Andiamo avanti. Tanti anni fa nel GRV fantasy esisteva l’incantesimo “invisibilità”. Da tavolo era facile, ma dal vivo faceva ridere. Il classico party di avventurieri camminava lungo il suo sentiero “cazzeggiando” e parlando del più e del meno, quando d’un tratto compariva un giocatore col dito alzato; il dito alzato indicava la non visibilità del giocatore sul posto, in pratica era invisibile, ma ovviamente nella realtà tutti lo avevano visto. D’un tratto il party di avventurieri si dava un tono solenne, camminata con passo felpato, attenti ad ogni variazione nell’ambiente, diventavano tutti ninja. “Mi è parso di sentire un rumore!” diceva un personaggio. “Si, anche a me!” rispondeva un altro agitando la spada casualmente proprio nel posto dove c’era il giocatore col dito alzato a simulare la sua invisibilità. Per carità, se fossero stati bravi giocatori, avrebbero fatto i vaghi, smettere il cazzeggio ci può stare, ma tutto il resto era da evitare. Comunque non era bello di per sé questo metodo di gioco, per fortuna oggi non si usa più.
Interpretare un personaggio è anche interpretare una situazione. Se nella realtà vi sparassero, cosa accadrebbe? Non lo sappiamo. Crediamo di saperlo ma in realtà non lo sappiamo. Tempo fa un folle ha sparato in diretta ad una giornalista. Il video è stato pubblicato in rete. La giornalista viene colpita da due o tre pallottole a distanza ravvicinata, tuttavia si vede chiaramente che scappa via lontano dall’assassino, il quale continua a spararle contro. La donna non cade a terra all’istante, morirà successivamente. Evento drammatico che ci fa capire quanto la realtà sia diversa dalla fiction. Avete mai preso un pugno in faccia? Io sì, ricordo vivamente che mi stordì, quasi svenni, per un solo pugno, potevo anche morire. Quello che sappiamo è cosa accade nei film. Le famose scazzottate, con gente sbattuta da una parte all’altra di una stanza, tavoli che si rompono, vetri in frantumi, oggetti che volano, fanno parte del mondo della fiction e non della realtà. Il GRV, a quale dei due mondi si avvicina di più? Quello della realtà? O quello della fiction? Credo che il riferimento da prendere per far vivere una situazione, non sia quella della realtà, ma quella della fiction. Dipende comunque dall’organizzazione. Ogni gruppo di gioco, ogni organizzazione, ha le sue regole, solitamente piccole differenze, ma quanto basta per dare un’impronta personale al gioco. Ogni sessione di gioco ha una sua impronta, si può dare un’impostazione ad un aspetto del GRV piuttosto che ad un altro. L’aspetto realismo rientra perfettamente nel contesto interpretativo. Possiamo dire che quanto più c’è contatto fisico più un gioco è realistico. Argomento delicato, fin dove ci si può spingere per rendere realistico il nostro gioco interpretativo? Posso legare e imbavagliare un giocatore? Posso immergergli la testa in un secchio pieno d’acqua? È qui che entrano in gioco delle regole, più che altro delle convenzioni. Ogni associazione ha il suo metodo per stabilire i limiti, in genere segnali visivi, come braccialetti, o chiamate, ovvero, frasi “in codice” da dire agli altri giocatori per far capire se si deve mettere un freno all’azione in corso o se si può continuare così. È necessario stabilire tutto questo soprattutto quando si partecipa a sessioni di gioco con molti giocatori, in questo caso non è facile controllare tutto ciò che accade, è indispensabile quindi stabilire delle regole, degli accordi, precedenti l’inizio del gioco. In ogni caso si fa affidamento al buon senso del giocatore. Personalmente organizzando GRV di tipo investigativo, l’aspetto action, fatto di contatti fisici, è ridotto al minimo. Dipende quindi anche da che tipo di storia state vivendo. Anni fa mi raccontarono di un GRV ambientato in un lager nazista, alcuni giocatori erano soldati, altri prigionieri; i soldati sputavano addosso ai prigionieri e lo facevano realmente, non simulavano soltanto. Presumo fossero tutti d’accordo con questo tipo di impostazione. Per quanto mi riguarda, vedo il GRV come qualcosa che deve divertire senza dramma. Mettere quindi l’accento alla parola gioco piuttosto che alla parola ruolo.

La trama di un GRV è ciò che mi sta più a cuore. Quando si giocava una volta a settimana, bastavano poche righe per scrivere un’avventura. Le famose avventure lineari erano di questo tipo:

  1. Un re assolda il gruppo di avventurieri per recuperare un anello
  2. Attacco Goblin
  3. Fuorilegge si spacciano per mercanti
  4. Mago cattivo blocca passaggio se non risolvono il suo indovinello
  5. Trappola fa scattare palla di fuoco
  6. L’anello difeso da non morti

Potevi scriverla la sera prima di giocare. Anzi, c’era anche chi l’improvvisava questo tipo di avventura. Nel corso degli anni, le pagine scritte sono aumentate. L’ultima avventura che ho scritto è di 43 pagine per un totale di 18000 parole. Un lavoro mastodontico. Un libro. Le trame sono diventate sempre più complesse e articolate, nulla viene lasciato al caso. Scrivere un’avventura è complicato, oltretutto non tutti i master le scrivono allo stesso modo. Dipende anche dal tipo di gioco che si sta organizzando. La prima cosa da fare è pensare ad un soggetto. Come per il cinema. Senza un buon soggetto non si può scrivere nulla. Il soggetto non deve essere semplicemente bello, ma giocabile. Serve fare i conti con ciò che è simulabile, rappresentabile. Per quanto possiamo impegnarci, sarà sempre estremamente difficile ricreare la USS Enterprise. Gli ingredienti sono variabili, poiché dipende da ciò che si ha intenzione di creare. Come detto precedentemente, serve decidere a cosa si vuole dare più importanza. Azione? Roleplaying? Investigazione? Un po’ di tutto? Quando si giocava fantasy era molto divertente ascoltare le opinioni dei giocatori. Per alcuni c’erano troppi combattimenti, per altri ce ne erano pochi. Accontentare tutti i giocatori è solitamente impossibile. C’è chi si annoia e chi dice che ci sono troppe cose da fare e servirebbero più ore di gioco. Un po’ come quando si giudica un film, per alcuni è lento, per altri ha un’atmosfera suggestiva. È chiaro che se metà dei giocatori lamentano una certa noia nel gioco, qualcosa di sbagliato c’è stato.
Il soggetto dovrà essere il più dettagliato possibile, come se fosse un racconto a sé. Al suo interno dovranno essere presenti quanti più input possibili, intrecci, varianti, fatti avvenuti, date, riferimenti e soprattutto personaggi con cose da fare.
Al centro di un’avventura ci sono i personaggi, è da loro che nasce tutto. Quanta più libertà d’azione avranno i personaggi (giocatori) più il gioco sarà divertente, ma complicato da scrivere. L’avventura nasce scrivendo i personaggi, o meglio, i gruppi di personaggi. In un’avventura fantasy il giocatore Mario interpreta Pincos sacerdote del culto di Cippa. Con lui ci saranno due, tre, o anche venti adepti, numero variabile in base al numero di giocatori che parteciperanno all’evento. Questo è utile, perchè scrivere un’avventura per trenta personaggi e poi ritrovarsi con solo 25 giocatori porterebbe ad un grande fallimento. I personaggi sono collegati tra di loro e con la trama principale o le trame principali. Possiamo tranquillamente dire che quanti più personaggi riusciamo a scrivere più il gioco ne guadagnerà. Non è detto però che scrivere tanto serva a qualcosa. Facciamo un esempio.
Prima versione:
Ti chiami Pincos e sei un sacerdote del culto di Cippa, ami la natura, ti piace correre tra i fiori e farti carezzare dal vento. Cippa è una divinità benevola che aiuta i deboli e gli oppressi. Sei cresciuto in una famiglia benestante in una fattoria, ami anche gli animali, passi molto tempo con loro, la settimana scorsa hai fatto nascere un agnellino, che carino!
Seconda versione:
Ti chiami Pincos e sei un sacerdote del culto di Cippa, ami la natura ma recentemente percepisci una forza oscura che la minaccia che cos’è? Sei molto attaccato alla tua famiglia ma non hai più notizie di loro, che sia successo qualcosa? La settimana scorsa un agnellino è nato con una strana malformazione, che casa sta succedendo?
Sono sempre cinque righe, ma nella prima versione Pincos non ha nulla da fare! Nella seconda ci sono tre input che andremo a sviluppare o incrociandoli con altri personaggi o collegandoli ad una delle trame principali o, più semplicemente, collegandoli sia ad altri personaggi, sia alla trama principale. La scheda del personaggio dovrà essere concreta, senza troppe chiacchiere, le quali distraggono il lettore e non gli fanno capire quali sono le cose importanti. Le cose importanti sono quello che si sviluppano. Ami la natura e la natura è in pericolo, possono essere messe nella stessa frase, ma il concetto che crea gioco è uno solo: la natura è in pericolo. La scheda di un personaggio dovrebbe essere quanto più schematica possibile quindi. Serve sempre ricordare che scrivere un’avventura non è come scrivere un romanzo.
La struttura di un’avventura può essere di due tipi. Il primo e più semplice da scrivere deriva dalle avventure lineari. Si tratta di un tipo di gioco molto pilotato. Il grosso dello scritto è fatto di eventi, cose che accadono e accadranno indipendentemente dalla volontà dei giocatori. Esempio. Supponiamo che la nostra storia riguardi un virus che ha contagiato tutti i presenti di un campeggio facendoli diventare degli zombie aggressivi. La storia si svolge quindi in un campeggio. I giocatori non avranno molto scritto sui loro personaggi, d’altra parte il master e l’organizzazione ha preparato una serie di eventi concatenati che terranno il gioco costantemente vivo.

ore 11:00 ritrovamento di misterioso asteroide ed esame
ore 12:00 i primi contagiati mostrano sintomi di aggressività e vengono rinchiusi in celle approssimative
ore 13:00 le celle non reggono e i contagiati scappano aggredendo e contagiando tutti
ore 14:00 uno scienziato pensa di avere la cura ma servono strumenti speciali
ore 15:00 vengono trovati gli strumenti e creata la cura
ore 16:00 il laboratorio con la cura esplode
ore 17:00 assistente scienziato aveva messo da parte vaccino di sicurezza che è però finito in zona contagiati
ore 18:00 recupero vaccino
ore 19:00 somministrazione cura

Non c’è molta scelta, i giocatori subiranno il gioco senza accorgersene.
Inutile dire che la seconda struttura di gioco prevede sempre degli eventi, magari scanditi dalle ore, ma con molte variabili generate dal comportamento dei giocatori. Inevitabile la presenza di più trame, più intrecci, più personaggi. Un’avventura pilotata, se scritta bene e riempita di eventi divertenti ed emozionanti, potrebbe essere più gradita da giocatori alle prime armi. Al contrario, un giocatore veterano, potrebbe accorgersi del “pilota automatico” e sentirsi impotente. Non c’è una ricetta perfetta, solo tanti accorgimenti. Una sessione di gioco con tanti giocatori, un’ambientazione suggestiva, tanti oggetti con cui interagire, trame, eventi, effetti speciali, sono gli ingredienti indispensabili per una buona riuscita del gioco. L’importante è essere concreti, visualizzare l’avventura, mettersi nei panni dei giocatori, ragionare, dire: “Ok, sono Pincos, sacerdote ecc. mi trovo in un bosco, che faccio?”. Personalmente quando termino di scrivere un’avventura, visualizzo ogni personaggio cercando di prevedere il suo comportamento, è una specie di test, una verifica per capire se il tutto funziona o se ci sono dei bug, cose che non tornano, ma soprattutto, se per il giocatore sarà divertente interpretare quel ruolo. Attenzione quindi a scrivere dei ruoli divertenti, c’è differenza tra Jimmy Jones, noto avventuriero, ricco, esperto di magia nera e a capo della Sminkia, la misteriosa loggia templare e Pino Bottini, impiegato di banca. Con che voglia un giocatore vorrebbe interpretare Pino Bottini?

Per quanto riguarda l’organizzazione di un evento non posso dire di essere un grande esperto. A parte qualche collaborazione ho sempre giocato tra amici e conoscenti. Un evento diventa impegnativo da organizzare quando supera un certo numero di partecipanti. Se dobbiamo organizzare il nostro murder party prevedendo 15-20 giocatori, possiamo cavarcela da soli. Il problema più grosso da affrontare è infatti “rimediare la gente”. Non sono mai stato un fan degli eventi con grossi numeri. Non mi hanno mai attratto. 15-20 partecipanti si raggiungono col passa parola, ma dai 30 in su il passa parola inizia a perdere la sua efficacia.
Una volta scelto il nostro soggetto dovremo farci alcune domande: ho un posto dove giocare? Quanti giocatori posso coinvolgere? Quanto mi costerà? Mi serve aiuto? Devo pubblicizzarlo? Sono in grado di recuperare le scenografie? Entro quanto sarà pronta? Piccoli eventi possono essere gestiti da una singola persona. Eventi medio grandi hanno bisogno di più persone. Da una parte si parla di ore di lavoro disponibili, dall’altra di competenze. Si può essere un buon master ma un mediocre comunicatore, un buon grafico ma un pessimo gestore di denaro. Supponiamo di voler organizzare un evento con 100 partecipanti. Non basterà scrivere una bella avventura. Servono persone che si attivino.

Grosso modo le mansioni necessarie sono queste:

  • Master
  • Scenografo
  • Quello che rimedia la gente
  • Burocrazia e aspetti legali

Il master lo conosciamo già, ma per 100 partecipanti potrebbe aver bisogno di una mano, magari un paio di collaboratori. Dipende in ogni caso dal tempo che ha a disposizione per scrivere.
Lo scenografo dovrebbe occuparsi di rendere più realistica l’avventura, non solo per quanto riguarda gli oggetti in gioco con cui interagire, ma anche per il discorso effetti speciali. Luci, fumi, suoni, tutto ciò rende l’avventura più emozionante. Dovrebbe occuparsi lui di trovare una location adatta all’avventura.
Quello che rimedia la gente ha l’arduo compito di pubblicizzare l’evento. Dovrebbe occuparsi anche degli aspetti multimediali, locandine, brochure, magari un video. Un evento con tanti partecipanti non può non avere un buon sito.
La burocrazia e gli aspetti legali sono le cose che più mi spaventano. Se devo raccogliere del denaro da degli estranei, tanti estranei, difficilmente potrò farlo senza una base legale alle spalle. Soprattutto quando ci sono molti soldi in gioco. Servirà chi si occupi di questo.
Credo sia fondamentale delineare bene i ruoli, evitando che chi rimedia la gente, debba mettersi a scrivere l’avventura o a cercare delle maschere da acquistare. Ogni mansione può essere ricoperta da più persone, dipende dal tempo che ognuno ha a disposizione.

Concludendo, sono certo di non aver spiegato esaustivamente cosa sia un GRV, così come sono certo che l’unico modo per capire di cosa stiamo parlando, sia quello di partecipare ad un’avventura. Il divertimento è assicurato!

Prossimi eventi:

no event

Foto a casaccio

Tanti ma proprio tanti video